L’IA ormai è pure dentro Word. Apro il programma per scrivere il post e lui già mi propone task, riassunti, tabelle, salti mortali. Copilot, calmati. Prima scrivo, poi ottimizzo, poi – forse – ti chiedo una mano. Perché ok l’intelligenza artificiale, mi ha migliorato la vita, mi fa risparmiare ore su ore e sono la prima a difenderla quando la gente la demonizza. Però scrivere è un’altra cosa. È il mio spazio di respiro. E certe cose, finché ce la faccio, le voglio fare da me.
A proposito di scrittura, ho quasi finito il mio primo corso di scrittura creativa. Molto più utile di quanto pensassi. Mi ha fatto capire quanto fosse ingenuo pubblicare Fine semestre con delitto così com’era. Carino, eh, ma senza una struttura, senza climax, senza una vera idea di punto di vista. Il narratore? Mah, chi l’ha visto. Era tipo io, in modalità “so tutto”, che mi infilavo dappertutto. Ora me ne rendo conto. E invece di mettermi le mani nei capelli, mi sono detta: ok, si migliora.
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Sto lavorando a un nuovo libro. E stavolta non da sola: ho una correttrice di bozze vera, che conoscete già se leggete il blog. Morgana. Sempre sotto pseudonimo, ovvio, mica vado a sputtanare la gente. Anche perché, diciamocelo, racconto tutto. Quindi almeno un nome finto, se lo meritano. Il blog si chiama Diario di una lella senza filtri, mica Diario della moderazione.
Sara Gualtieri torna. Ma stavolta non come cornice amorosa. È un’ispettrice. Ha una vita, un’indagine vera. Alex non c’è. O meglio, non esiste. Il romanzo è un thriller, con qualche parte love love (non sarei io sennò), ma l’approccio è completamente nuovo. Più impegnativo. Più pensato. Più consapevole.
Intanto sto mettendo insieme anche il canale YouTube. Ho iniziato col progetto “podcast”, quello con Sara e Giulia – che è la protagonista di un altro libro quasi finito – e trattiamo argomenti un po’ più delicati (se siete curiosi, scorrete nel blog, li trovate). Se vi viene in mente qualcosa, un tema, una suggestione, scrivetemi. Nei commenti, in privato, via form: scegliete voi. Basta che non mi mandate le email passive-aggressive, quelle lasciamole alla burocrazia.
Poi parliamo di dolore fisico, che tanto se ne parla sempre troppo poco. Judo. Il mio amore e la mia dannazione. Due operazioni al ginocchio, una spalla lussata più volte, oggi aggiungiamo un gomito fuori uso, una caviglia gonfia, lividi ovunque, segni di strangolamento sul collo (grazie judogi). Mi è rimasta una spalla, un gomito e mezza caviglia. Il resto è da buttare. Però quando salgo sul tatami sparisce tutto. Il cervello si spegne, il corpo prende il sopravvento, e quella sensazione lì – lo giuro – è più potente di qualsiasi birra. Meglio anche della IPA artigianale presa in quel locale a Torino. (E se vi state chiedendo perché non bevo più, c’è un post nel blog anche su quello.)
Comunque oggi c’è il Pride. E io? Sembrerò reduce da una rissa. Mi tocca usare mezzo fondotinta della sorella di Katy per sembrare presentabile. Tanto la gente penserà che mi ha menata lei. È magrolina, ma ha l’aria di una che non gliene frega nulla. Dopo il pride mangeremo qualcosa, non so dove né con chi, ma di sicuro ci saranno mio fratello (etero, ma solidale) e la sorella di Katy (bi, con fidanzato al seguito). Poi magari andiamo all’after.
La paura vera è l’effetto serata. È da un mese e undici giorni che non bevo. Lo sport mi dà l’adrenalina che mi manca, ma oggi sto a riposo forzato. Sarà un bel test. Vedremo se resisto o se mi ritrovo a scrivere domani con l’hangover e il rimorso.
Adesso però vi saluto. Vado a lavorare sulla struttura narrativa e sui personaggi, perché lunedì ho call con Morgana e non posso presentarmi senza niente in mano. Se riesco carico qualcosa oggi, magari anche qualche live o spezzone del pride.
Tschüss!