Un podcast breve, irregolare, tutto sbilanciato — come Giulia. Ogni episodio è una voce che arriva da dentro, spesso registrata di getto, tra una giornata storta e una finestra da aprire. Non c’è sigla, non c’è scaletta, non c’è neanche una grande morale: c’è solo Giulia, che parla come se stesse mandando un messaggio vocale a una persona che le manca. O che le manca e basta.
Qui dentro ci finiscono ex fidanzate, magliette sbagliate, profumi da discount e riflessioni improvvise sul diventare adulti senza troppo entusiasmo. Ci sono scarpe viola, post-it lasciati a metà, messaggi non inviati. Ci sono dubbi e contraddizioni, ma anche quella leggerezza che ogni tanto torna, come una battuta che scappa anche se non si dovrebbe ridere.
Gli episodi durano poco — cinque, sei minuti al massimo — ma lasciano addosso l’impressione di aver origliato qualcosa di vero. È un diario, ma solo fino a un certo punto. È un racconto a voce alta, ma senza filtri.
È Giulia.