Da qualche mese mi porto dietro la sensazione che un ciclo si sia chiuso, non di quelli che si contano con le stagioni o con gli anni sul calendario, ma di quelli che girano intorno alle persone che ti stanno accanto, a quelle che ti fanno credere per un po’ che finalmente hai trovato una compagnia stabile, un gruppo con cui condividere serate, risate e magari anche qualche piccolo progetto. E invece ti accorgi che le fondamenta non erano solide, che dietro certe battute non c’era quella fiducia che pensavi, e che basta una crepa, un messaggio storto su un gruppo WhatsApp, perché tutto si sgretoli.
Era da gennaio che con Katy sentivamo che qualcosa non funzionava, un tira e molla continuo, come se fossimo finite dentro un elastico che ogni tanto si tendeva fino a far male e altre volte sembrava allentarsi d’improvviso lasciandoti cadere giù. Ci siamo illuse entrambe di aver trovato un gruppo di amici veri, di quelli che puoi chiamare quando stai giù o quando vuoi bere un caffè senza motivo, e invece la verità è venuta fuori a piccoli pezzi, con episodi ridicoli che però, uno sopra l’altro, hanno costruito un muro.
E il colmo è arrivato l’altro giorno, quando Margot, la compagna di uno di loro, ha deciso di organizzare all’ultimo minuto una festa di compleanno per Flo. Ora, già solo il nome mi fa ridere amaro, perché con lui avevo chiuso a gennaio, quando in un impeto di sincerità gli avevo detto quello che pensavo, senza troppi giri di parole. Non è che gli ho urlato addosso “sei un bimbo minchia” così, diretto diretto, ma l’idea era quella e lui l’ha capita al volo, tanto che da quel momento è sparito, come se il mondo intero dovesse riconoscere la sua ferita. E io? Io mi sono portata dietro per mesi la noia di un’amicizia che non aveva più niente da dare.
Poi arriva Margot, con la sua brillante organizzazione: la domenica pomeriggio decide che il lunedì a pranzo bisogna festeggiare. Cioè, tu che fai? Pensi che le persone vivano sospese, senza orari, senza lavoro, senza impegni? Io e Katy ci guardiamo e scatta la risata: “Ma questa che s’è bevuta?” Perché sì, uno può anche improvvisare una serata tra amici, ma un pranzo di compleanno per gente adulta, che lavora e che ha le giornate incastrate tra riunioni, scadenze e appuntamenti medici, non lo tiri fuori dal cilindro come un coniglio.
E non finisce qui, perché poi, visto che nessuno poteva, lei se ne esce con l’idea geniale: la sera, barbecue allo stadio. Allora, già lo stadio non è proprio il posto che immagino quando penso a un compleanno, ma poteva pure starci se almeno avessi avuto davanti gente con cui ridere. Invece no, perché il protagonista della serata sarebbe stato proprio lui, Flo, quello che da mesi non muoveva un dito per chiarire, quello che si portava addosso l’aria da vittima come fosse un mantello di supereroe, convinto che tutti dovessero piegarsi alla sua verità. Ovviamente Katy e io abbiamo detto di no. Per principio. Per dignità. Perché se c’è una cosa che non tollero è quando qualcuno si aspetta che io faccia finta di nulla dopo mesi di silenzi.
Ma mica è finita: due ore prima cambia ancora programma, niente stadio, si va da un amico suo che nessuno conosce, uno che già solo a sentirne parlare sembra avere più bottiglie vuote che idee in testa. E indovina? Quasi tutti hanno detto no, tranne Alizée, che per ragioni misteriose ha deciso di buttarsi comunque. Risultato: Margot si è offesa, ha sbattuto la porta virtuale ed è uscita dal gruppo WhatsApp. E io? Io l’ho salutata mentalmente con la stessa leggerezza con cui scosti una zanzara fastidiosa: “Ciao bella, bon viaggio”. Perché davvero, queste sceneggiate da adolescenti non le reggo più.
E lì ho deciso: basta. Ho chiuso, definitivamente. Non ci saranno altri tentativi, altri messaggi, altre seconde possibilità. Mi sono tolta un peso dallo stomaco e, se devo essere sincera, è stato quasi liberatorio.
Poi però la vita ha il suo modo di bilanciare le cose, di portarti un incontro che non ti aspetti, proprio quando hai deciso di chiudere una porta. Ieri, finalmente, abbiamo rivisto “Spirituelle”. Ovviamente non è il suo vero nome, ma è così che l’ho ribattezzata, perché l’abbiamo conosciuta a una serata di tarocchi, in quell’atmosfera che ti spinge a parlare di cose profonde anche se hai appena stretto la mano a qualcuno. E già allora mi aveva lasciato una strana impressione, qualcosa che non sapevo definire bene, ma che mi ha fatto pensare che quella fosse una persona interessante, di quelle che non ti annoiano mai quando ci parli.
E ieri ho avuto la conferma. A primo impatto mi piace molto, non in senso romantico, ma proprio come persona. Ha una presenza che ti cattura senza dover fare la parte di quella che deve sempre dire la battuta giusta o mettersi al centro della scena. È intelligente, si sente, e credo che potremmo passare serate intere solo a parlare, a scambiarci idee e a ridere delle stranezze del mondo. Certo, c’è un dettaglio che mi spiazza: si chiama come mia madre. E lì, lo ammetto, la prima volta ho avuto un attimo di smarrimento, tipo: “Ma davvero? Devo fare i conti pure con questa coincidenza?” Però ho deciso che non posso farmi fermare da una cosa così, perché se inizi a scappare dalle coincidenze finisci per vivere chiuso in una scatola.
La serata è stata bellissima, perché c’era anche la sua compagna, e giuro che poche volte mi sono divertita così. Una donna solare, simpatica, con quella capacità di smorzare i toni senza banalizzare, di far scorrere la conversazione come se fosse un fiume che non incontra ostacoli. Ci siamo trovate in quattro, intorno a un tavolo, e abbiamo parlato di tutto, dalle stupidaggini quotidiane alle riflessioni più intime. E ogni tanto scoppiavamo a ridere, di quelle risate che ti fanno quasi male ai muscoli della faccia e ti lasciano la sensazione di aver fatto una seduta di ginnastica senza accorgertene.
Quando siamo tornate a casa io e Katy, avevamo entrambe il sorriso stampato in faccia. Ci siamo dette: “Oh, finalmente una serata come si deve”. Perché a volte non ci vuole molto per sentirsi di nuovo leggeri, basta incontrare le persone giuste. E io spero davvero di rivederle presto, perché è raro trovare qualcuno che ti lascia quella sensazione di freschezza, come se improvvisamente avessi aperto la finestra dopo giorni di aria stantia.
Ecco, forse è proprio questo il punto: un ciclo si è chiuso, con tutte le sue pagliacciate, i drammi da chat e gli inviti organizzati all’ultimo minuto. Ma un altro si è aperto, fatto di incontri che non ti aspetti, di persone nuove che ti ricordano che non è mai troppo tardi per cambiare prospettiva, per ricominciare a fidarti, per rimettersi in gioco.