A volte il desiderio non ha forma. Non è sguardo, non è mano, non è nome. È uno scarto: tra il voler essere vista e il voler sparire, tra il lasciare una traccia e il diventare invisibile.
In quella notte – o forse in quel sogno – non ero io a scegliere. O forse sì. Il desiderio faceva da guida, ma anche da trappola. E io correvo. Sempre un passo prima. Sempre la preda.
Avrei voluto un sogno gentile. Uno di quelli morbidi, dove c’è una storia da favola, un bacio finale e una coperta che non punge. Ma il mio cervello – si sa – ha altri gusti. Nessun castello. Nessuna principessa. Solo un desiderio che mi rincorre, che mi afferra mentre provo a scappare. Un sogno strano, ruvido, difficile da raccontare senza abbassare gli occhi.
Vietato ai minorenni.
Desiderio e fuga in un sogno: essere la preda, per un attimo
Lo scrivo lo stesso. Magari alla mia terapista interessa.
(Sì, certo. E ora penserà: questa è matta. Una maniaca. Fuori dal mio ufficio!) 😅😂
Rientro nel mio chalet, finalmente. Ma scopro di avere due nuovi vicini piuttosto rumorosi: il meccanico del villaggio e suo fratello.
«E no! Silenzio!» urlo. Funziona.
Voglio pace. Ho scelto la campagna per questo, e mi ritrovo una discoteca a venti metri.
La sera dopo, torno da lavoro e trovo un messaggio sotto la porta:“Siamo partiti qualche giorno lasciando casa a degli amici. Potresti controllare che abbiano trovato la chiave? È sotto la pianta a destra. Grazie.”
Ma certo. Ora faccio anche la governante.
Arrabbiata, bevo un bicchiere di vino e vado verso casa loro. Suono. Niente rumore. Mi chino verso la pianta, e a quel punto la porta si apre. Una ragazza mora, bellissima, mi fissa.
«Ah, siete riusciti ad entrare. Piacere, io sono Axel, la vicina.»
Faccio per andarmene, ma lei insiste.
«Quindi sei tu la vicina lesbica. Ti va di entrare?»
Lesbica? Uno, non sono affari tuoi. Due…
«No grazie, ho avuto una giornata lunga.»
Mi afferra il braccio. Ho i brividi. No, Axel, no! Avevamo detto di no alle belle e tenebrose. A volte mi sento Gollum. Due Axel. 😜
«Solo un bicchiere. Mi farebbe piacere fare due chiacchiere.»
Alla fine entro. Casa tipica da villaggio, trofei di caccia, fucili appesi.
«Ragazzi, lei è Axel, la vicina di Kevin e Davide.»
Serata tranquilla. Siamo in sei. Due ragazzi: uno muscoloso, l’altro silenzioso. Due ragazze: la tenebrosa e l’intellettuale. Quest’ultima carina, goffa.
«Una birra?» chiede il macho.
«Sì, grazie.» Bevo dalla bottiglia, come piace a me.
Dopo l’aperitivo, dico che voglio tornare a casa.
«Aspetta! Giochiamo a obbligo o verità!» esclama l’intellettuale.
«Ma è un gioco da adolescenti.»
«Questo è diverso. Vedrai.» Mi fa l’occhiolino.
I primi giri sono noiosi. Poi il macho chiede alla sua ragazza di baciarmi. Lei non esita. Si alza, mi raggiunge, mi prende il viso e mi bacia. All’inizio è incerta. Poi mi cerca davvero. Le mani sui fianchi, come se cercasse qualcosa in più.
«Woooo basta! Abbiamo capito!» ride il macho. «Ok, è il tuo turno.»
Lei gira la bottiglia. Esce l’intellettuale.
«Puoi fare la mia stessa azione.»
Altro bacio. Più timido, più delicato.
Torna a sedersi, ma da quel momento mi guarda come se stesse cercando una risposta.
Tocca al ragazzo silenzioso. Sceglie “verità”. Ammette che vuole testare altre relazioni per capire se la sua gli conviene.
Nuovo giro: la bottiglia punta il muro.
«Obbligo per tutti.» dice il ragazzo ricco. «Entro domani mattina ognuno di noi dovrà andare a letto con qualcun altro qui presente.»
Non racconto i dettagli, ma finisce che accetto. Vado a letto con le due ragazze. Rifiuto i ragazzi.
Mi piaceva la sfida. Volevo “convertirle”, far notare la differenza. Volevo rubare le loro donne.
Il sogno finisce su un ponte. Loro due, davanti a me, mi chiedono di scegliere.
E io scelgo l’intellettuale. Non la più affascinante. Ma quella che mi ha guardata come se avesse capito.
Secondo il pensiero lacaniano, il desiderio è sempre legato alla mancanza, al punto cieco del nostro sguardo.
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