Wow, quest’anno l’estate sembra davvero aver deciso di mettersi di traverso, come quel vicino antipatico che parcheggia la macchina davanti al tuo cancello, così piove praticamente ogni giorno, con temporali improvvisi che rovinano qualsiasi piano di fuga o di vacanza, mandando a rotoli sogni di spiagge dorate e aperitivi al tramonto, e allora meno male che mi sono infilata in una routine lavorativa, almeno così non ho rimpianti per i viaggi mancati e zero invidia per quelli che hanno buttato una cifra considerevole in qualche resort esclusivo, giusto per ritrovarsi chiusi in stanza a guardare la pioggia attraverso la finestra appannata.
Detto questo, è arrivato il momento di fare un po’ il punto della situazione, che poi è un modo elegante per dire che sto per aggiornare sulla mia vita incasinata.
Prima notizia, quella positiva: con Katy abbiamo finalmente risolto, o almeno ci stiamo lavorando sul serio, e ammetto che è stato un bel sollievo parlarci chiaro e tondo, confrontarci a cuore aperto e cercare una soluzione a quei problemi di comunicazione che a lungo andare rischiavano di logorare anche i sentimenti più solidi. Siamo state brave stavolta, e a quanto pare ci siamo capite, forse perché per una volta entrambe abbiamo deciso di ascoltarci davvero, piuttosto che rimanere arroccate nelle nostre rispettive posizioni come due bambine ostinate.
Passiamo però alle note dolenti, perché se c’è una cosa che quest’anno proprio non vuole collaborare, quella è la mia salute. Va bene, il ferro ha deciso finalmente di risalire, e sono più di trenta giorni che non mi capita di svenire per strada, il che è già un bel risultato considerando i precedenti, ma c’è una novità meno entusiasmante: tra un mese dovrò affrontare la mia quarta operazione chirurgica, e questa volta toccherà dire addio alle mie tonsille. Inutile girarci intorno, la prospettiva di quindici giorni di dolore intenso, con tanto di rischio di emorragie post-operatorie, mi spaventa parecchio, soprattutto perché ormai sono mesi che non riesco più a deglutire normalmente, con febbri e mal di gola continui che mi stanno trasformando in una persona parecchio insofferente, al limite della sopportazione anche per chi mi sta intorno.
Cerco comunque di non farmi prendere troppo dallo sconforto, anche perché, come al solito, si tratta di una situazione che va affrontata con razionalità e un pizzico di humor nero, ricordandomi sempre che ho superato di peggio e che, dopotutto, il peggio deve ancora arrivare — ma questo preferisco tenerlo per me.
Veniamo invece al fronte libri, che, ammetto, ultimamente è quello che più mi sta facendo riflettere e perdere qualche ora di sonno. Dopo la pubblicazione di “Fine Semestre con Delitto” ho avuto modo di ragionare parecchio sui punti deboli del romanzo, e ho concluso che sì, la mia ostinazione a scrivere qualcosa di originale e diverso è stata ammirevole, ma i problemi reali esistono e vanno affrontati seriamente. I personaggi, ad esempio, mancano di caratterizzazione approfondita, il narratore onnisciente che ho scelto inizialmente forse non è stata la scelta migliore e molti dialoghi meritano un’ulteriore revisione per essere più credibili e coinvolgenti. Per non parlare della trama thriller che, rileggendola con occhi critici, è apparsa più debole di quanto sperassi. Insomma, ho già programmato una seconda edizione completamente rivista e corretta, perché la testardaggine va bene, ma fino a un certo punto.
Quanto a “Quel giorno al supermercato“, uscito da pochissimo, confesso che anche lì le cose non sono andate esattamente come avrei sperato. Certo, siamo lontani dal disastro totale di “Fine Semestre con Delitto” — un bel tre stelle su cinque senza commenti mi ha fatto sorridere amaramente, considerando la totale assenza di feedback chiari che potessero aiutarmi a capire cosa fosse da migliorare. So di aver lavorato con più attenzione sui personaggi e sulla scelta narrativa, ma sono anche consapevole che il ritmo lento, introspettivo e volutamente pesante possa non essere il preferito da tutti. Magari fra qualche mese, rileggendo il libro a mente fresca, vedrò errori che ora mi sfuggono completamente.
E poi c’è il progetto del nuovo thriller, che mi sta creando qualche dubbio di troppo. L’idea di lavorare con la mia ex non si sta rivelando brillante come pensavo inizialmente. Alcuni suoi commenti al prologo mi hanno lasciata perplessa, specialmente quelli riguardo l’uso dei cognomi nei dialoghi — cosa assolutamente comune nelle mie letture preferite come quelle di Robert Bryndza, Katherine Forrest o Tess Gerritsen. Mi sorge il dubbio, piuttosto fondato, che alcune critiche siano più frutto della nostra recente discussione personale, con tanto di litigata che non posso definire esattamente “pacifica”, che di una reale necessità narrativa. D’altronde, forse sono stata io a non essere abbastanza diplomatica nell’esprimere chiaramente che non intendo riaprire nessun capitolo sentimentale con lei, cosa che, tra l’altro, sarebbe anche profondamente irrispettosa nei confronti di Katy, nonostante tutte le difficoltà quotidiane.
Ecco, il punto è proprio questo: per migliorare la mia scrittura ho sicuramente bisogno di qualcuno che legga i miei testi con occhi obiettivi, che sappia evidenziare problemi veri e non questioni personali travestite da suggerimenti stilistici. Qualcuno che sia neutro, che non mi conosca affatto e che sappia dirmi chiaramente: “Questo passaggio non funziona“, senza mezzi termini e senza alcun retro-pensiero.
Insomma, come potete vedere, quest’estate strana sta portando con sé parecchi spunti di riflessione, qualche delusione e diverse consapevolezze. Ma forse è proprio questo il senso di scrivere e vivere insieme, affrontare problemi e situazioni impreviste, cercando ogni giorno di aggiustare il tiro, senza arrendersi troppo facilmente.
Intanto, aspetto che smetta di piovere, almeno per una sera, così magari mi prendo una pausa da tutta questa introspezione e vado a godermi finalmente un gelato in pace. Senza temporale a sorpresa, si spera.