Spine e sortilegi: Agatha, Rio e la lezione di un cactus

Le utime dal diario

La lella
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Lella fin da piccola, ho sempre seguito questo motto: "sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo". Credo che la sessualità e l’identità siano elementi soggettivi, tanto che qualsiasi regola non sarebbe mai quella perfetta. Nessuno di noi è solo una cosa e non esiste una definizione che possa andare bene sia per me che per te. A dire il vero, esiste un’etichetta in cui mi sento perfettamente a mio agio ed è proprio l’essere me stessa, perché è fatta su misura per me, racchiude tutto ciò che sono ed è pronta ad accogliere ciò che sarò.

Nel 1931, Rio cammina per la piccola sala, osservando le piante sparse qua e là con l’occhio attento di chi non si lascia sfuggire alcun dettaglio. Mentre la sua mano sfiora le foglie di una pianta in vaso, nota qualcosa di strano: una radice fresca, sorprendentemente fresca per una pianta che, stando ai suoi calcoli, dovrebbe ormai essere ben radicata. Si volta verso Agatha, che se ne sta seduta in un angolo con un libro aperto tra le mani, lo sguardo fin troppo concentrato per sembrare del tutto naturale.

“Agatha, questa pianta… è cambiata un po’ dall’ultima volta che l’ho vista, non trovi?” Rio si avvicina, osservando il vaso.

Agatha non solleva nemmeno gli occhi dal libro, limitandosi a un sorriso fin troppo innocente. “Oh, quella piccola cosa? Sì, è… ehm… un po’ temperamentale. Ha qualche problema di adattamento, diciamo.”

Rio solleva un sopracciglio, divertita. “Strano, perché l’ho già vista morire qui. Diverse volte, in realtà.”

Agatha ride nervosa, e finalmente si alza, posizionandosi tra Rio e la pianta, come a sbarrare il passaggio. “Sai com’è, certe piante sono naturalmente più… delicate. Ci vuole pazienza. E sostituirle è… beh, insomma…”

Rio la osserva con un sorrisetto. “Entrambe sappiamo che tu non hai pazienza.”

Lo sguardo di Rio vaga per la stanza. “E quei cactus che hai piantato in giro per tutta la casa?” chiede, indicando i piccoli vasi spinosi sparsi ovunque. “Un tocco di deserto o un omaggio alla tua, ehm, delicatezza?”

Agatha alza gli occhi al cielo e incrocia le braccia. “Va bene, sì. Almeno i cactus hanno la decenza di non morire troppo velocemente. Capiscono il mio bisogno di… vegetazione indipendente.”

Rio scoppia a ridere e le posa una mano sulla spalla. “È adorabile, davvero. Agatha, la formidabile strega, incapace di tenere viva una pianta per più di una settimana. Forse non hai ancora trovato quella giusta per te.”

Agatha sospira, un piccolo sorriso le increspa le labbra. “Oh, l’ho trovata eccome. È spinosa, sopravvive con il minimo indispensabile e sa come difendersi se qualcuno si avvicina troppo. Il cactus è perfetto.”

Divertita, Rio raccoglie una piccola pianta appassita tra le dita, e delle sottili linee di energia verde, come fili di luce, iniziano a scorrere verso le radici. Con concentrazione, trasmette alla pianta vibrazioni di vita, e lentamente le foglie tornano a sollevarsi.

“Eppure, un po’ come te, anche un cactus può morire se viene ignorato troppo a lungo… o se gli si dà troppa attenzione.” Lascia la frase sospesa, il suo sguardo dolce, ma pieno di significato, si posa su Agatha.

Per un attimo, Rio stringe la mano di Agatha, le dita leggere ma decise. Agatha, visibilmente turbata, annuisce, distogliendo lo sguardo. “Sì, beh, immagino di avere una… tendenza a non rimanere attaccata troppo a lungo. Forse un po’ di cura non farebbe male… che si tratti di cactus o di queste maledette piante verdi.”

Rio ride e stringe dolcemente la spalla di Agatha. “Vieni, Agatha, so che ti interessa solo quello che ami. Sbaglio? Tu che ami eliminare le piccole ‘minacce’ dalla mia collezione di piante… Il caos che lasci dietro di te è piuttosto affascinante, sai? Ma…”

“Sì, ma l’ultima volta che ho controllato, tu non sei una pianta.”

“Esatto.”

Rio inclina la testa, lo sguardo tagliente e giocoso si posa su Agatha, e le porge dolcemente il piccolo cactus, un sorriso sulle labbra. “Ma se potessi evitare di far sì che questa piccola creatura innocua segua la stessa sorte dei suoi predecessori…”

“Divertente che tu parli di ‘evitare la mietitura’. Quasi dimenticavo che sei tu quella che la attende con impazienza.”

“Meno male che i tuoi servizi non sono a pagamento; dovresti darmi una tessera fedeltà ormai.” Rio scaccia il commento con un cenno della mano. “Potrebbe cambiare, sai? Ma seriamente, Agatha, per lui meno è di più. Basta un po’ di luce, una goccia d’acqua ogni tanto, e spazio. Spazio per respirare, crescere, senza troppa attenzione.”

Agatha le lancia uno sguardo sarcastico, cercando di mascherare il proprio disagio. “Sei l’unica strega che conosco che si commuove per un cuscinetto di spine vivente. Ma va bene, se vuoi che rimanga così, dovrai darmi istruzioni più chiare.”

“Lo so che ti piacciono i risultati, non i discorsi… e so che probabilmente non ascolterai. Ma…”

Agatha scoppia a ridere, divertita. Pensierosa, prende il cactus tra le mani, sfiorando la terra secca con le dita. “Agatha, non esiste un ‘trucco’ per farlo funzionare. Ci vuole tempo, pazienza. È una collaborazione, non una conquista.”

“Guarda, era solo un piccolo seme, è cresciuto piano piano, e ora è nelle tue mani. Si fida di te. Se vuoi che resti, devi… rispettarlo.”

Agatha annuisce, non del tutto convinta, e posa la pianta accanto a sé. “Un po’ di tenerezza, anche per un fascio di spine, non ti ucciderà.”

Rio sorride e si allontana un po’, osservando l’espressione di Agatha, tra la finta rassegnazione e la genuina curiosità. “Allora iniziamo. Basta un po’ d’acqua, una volta al mese, e niente soffocamenti. Vedrai, non è così difficile.”

Agatha sospira, fingendo una grande fatica. “Va bene, Rio. Ma se mi imporrai altre ‘lezioni di giardinaggio’, potresti pentirti dei tuoi cactus.”

Rio le lancia uno sguardo ironico. “E tu, mia perfida strega, se oserai maltrattare un’altra pianta, saprò dove trovarti…”

Agatha osserva il piccolo cactus tra le sue mani con una smorfia sospettosa, come se quell’innocua creatura spinosa le avesse appena rivelato un segreto. “Davvero, Rio, io e la tenerezza non siamo compatibili. È un concetto sopravvalutato, no?” Poi, con una teatralità esasperata, sospira e alza gli occhi al cielo. “Ma solo perché sembri così emozionata all’idea, proverò a fare un tentativo.”

Rio scuote la testa con un sorriso di trionfo. “Sapevo che ci saresti arrivata. Forse con un po’ di attenzione in più, scoprirai che questa tua nuova responsabilità non è così male.”

“Responsabilità? Sei tu che ti prendi cura delle cose delicate!” risponde Agatha con un mezzo sorriso. “Io preferisco incantesimi letali e magie oscure, ma sembra che da oggi dovrò anche occuparmi di… coltivazione domestica.”

“Pensala come una sfida,” dice Rio, avvicinandosi e prendendo una piccola ciocca dei capelli di Agatha tra le dita. “Ogni strega potente ha anche delle abilità da… giardiniera, almeno quando si tratta di preservare ciò che merita di crescere.”

Agatha ridacchia, una nota di divertimento mescolata all’irritazione, poi si avvicina al cactus e gli sussurra come fosse un incantesimo: “Bene, piccolo spinoso, se proprio devo prendermi cura di te, almeno non deludermi.”

Rio sorride e incrocia le braccia, soddisfatta, osservando l’inaspettata tenerezza con cui Agatha accarezza la superficie del cactus. Poi si allontana con grazia, lasciando Agatha a riflettere sul fatto che forse, solo forse, anche una strega potente può imparare qualcosa di prezioso da una piccola pianta ribelle.

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