Una serie di sfortunati eventi

Le utime dal diario

La lella
La lellahttps://www.diariodiunalella.it
Lella fin da piccola, ho sempre seguito questo motto: "sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo". Credo che la sessualità e l’identità siano elementi soggettivi, tanto che qualsiasi regola non sarebbe mai quella perfetta. Nessuno di noi è solo una cosa e non esiste una definizione che possa andare bene sia per me che per te. A dire il vero, esiste un’etichetta in cui mi sento perfettamente a mio agio ed è proprio l’essere me stessa, perché è fatta su misura per me, racchiude tutto ciò che sono ed è pronta ad accogliere ciò che sarò.

Una serie di sfortunati eventi dopo mesi di benessere e tranquillità.

Sarebbe dovuta essere una bella settimana, invece si è trasformata in un incubo.

I primi due giorni si sono rilevati abbastanza appaganti. Ho tagliato le siepi e risistemato l’angolo delle fragole. Per ora ce ne sono ben centodiciotto. Spero di aggiungerne con il tempo!

Poi, a partire da mercoledì, tutto è andato a rotoli. La mattina il veterinario mi annuncia che il mio octodon, una specie di grosso ratto che tengo come mascotte nel mio ufficio da più di cinque anni, ha un cancro e che ha i giorni contati. Ovviamente mi sento male dopo questa notizia, perché un anno prima, e dopo sette anni di amicizia, avevo perso la sua compagna, morta di vecchiaia. Era morta fra le mie mani quarantotto ore dopo, è stato estenuante.

Il pomeriggio, arriva l’impensabile. Sento la mia compagna urlare dall’ufficio.

Oh no, non LUI. No no no!

Corro immediatamente di fuori e la vedo sulla strada, per terra. In lacrime. Col nostro gatto più anziano in mano. E due cani che correvano nei paragi. Subito dopo vedo arrivare una ragazza in lacrime, la padrona delle due BESTIE.

Rimango paralizzata. Senza parole.

Il mio piccolo e adorato gatto rosso, che veniva ogni mattina sul tavolo per reclamare la sua brioche, che mi ha assistita durante tutte le mie operazioni restando con me nel letto no-stop e proteggendomi dalle infermiere “cattive”, il mio piccolo bimbo, che ho amato come nemmeno un parente si può amare… era li’. Immobile, con gli occhi spalancati e la colonna vertebrale spezzata. Senza vita.

Inutile dire che la mia compagna ed io siamo ancora in lutto. Casa è vuota. Manca questo colore rosso e la sua presenza imponente. Anche se facevi finta di non vederlo, era impossibile non vederlo e non amarlo.

Giovedì senza internet

Dopo una notte insonne e pianti interminabili, la giornata trascorre lentamente.

Casa è vuota. Nonostante vi siano ancora quattro gatti, il rossiccio non c’è più. Il pezzo più importante del puzzle.

Dopo ore di digiuno e di tempo passato davanti allo schermo senza fare praticamente nulla, ecco che internet va via. Pouf. Appare una semplice lucina rossa, e poi più nulla.

Non so che fare senza internet. Addio Netflix e videogiochi. L’unico svago in montagna durante un lutto.

Venerdì, l’incidente

Inizia a fare freddo, quindi decidiamo di andare dai genitori della mia compagna per recuperare un po’ di legna per la stufa nuova.

Dopo il secondo viaggio, ci fermiamo in mezzo alla strada. Sgraniamo gli occhi per mettere a fuoco la situazione. Pensavo fosse una signora, invece era un adolescente, per terra, sommerso di sangue.

Chiamiamo immediatamente i pompieri e il medico del villaggio ormai in pensione. Nel frattempo cerchiamo di far muovere il ragazzo e di tenerlo fermo. La mascella? Sicuramente frantumata, il resto pieno zeppo di sangue. Inutile dire che non portava il casco. All’inizio avevamo paura, i suoi occhi erano bianchi e non parlava. Poi, fortunatamente, ha iniziato ad agitarsi e a dire cose senza senso.

Ci ha dato due versioni: la prima, è che la sua giacca si è infilata dentro la ruota, la seconda, che aveva visto un animale attraversare la strada.

Riusciamo ad ottenere il suo nome e chiamiamo il padre, che lavora in città e che non poteva salire il montagna rapidamente.

Ma la madre? Non ci diceva nulla sulla madre. A parte:

“Mi ammazzerà, mi ammazzerà”.

Uhm. Ok. Visto lo shock alla testa non gli chiediamo nient’altro. Nel frattempo arrivano i pompieri in ambulanza, e dopo cinque minuti i soccorsi in elicottero.

Da questo momento in poi non potevamo fare più nulla…

Il seguito, lo scoprirete nel prossimo episodio di Grey’s Anatomy. No dai scherzo. In realtà non sappiamo che cosa sia successo.

Insomma, una settimana. Tanta “morte”, troppo dolore. Secondo un mio amico si tratta di un “segno”, o piuttosto di una specie di parabola: “la vita ti dice di non colmare il tuo vuoto con gli affetti, ma di colmare il tuo vuoto amandoti e vivendo”.

Dal mio punto di vista potrebbe essere anche quella che a Roma si chiama “sfiga”.

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