È già sabato sera, questo vuol dire che domani sarà il mio ultimo giorno libero prima che la settimana rinizi e che torni a lavorare.
Passa così in fretta, il tempo. Soprattutto quando si fanno troppe cose.
Oggi siamo andate dalla sorella di Inès. Come la settimana scorsa abbiamo mangiato una raclette. Il tempo di far colazione, pulire casa e di occuparsi degli animali, di percorrere più di un’ora di autostrada, abbiamo avuto l’occasione di bere l’aperitivo, fare due chiacchiere e di mangiare, per poi ripartire prima del coprifuoco.
Anche se di base sono un’asociale, mi mancano le serate con le amiche, mi manca persino discutere del più e del meno.
Ora sono confinata dentro casa, e l’unica “uscita” settimanale resta il supermercato. Yuhu. Che gioia.

Ma diciamolo, è per il bene comune, quindi bisogna incassare e stare zitti. L’unico problema resta la monotonia… E in tutto questo, il tempo sfugge fra le dita, incalza e non dà tregua, si perde chissà dove.
Apparentemente, la percezione del passare del tempo muta con l’avanzare dell’età. Man mano che si invecchia sembra, infatti, che passi più velocemente. Gli ultra-quarantenni hanno, per esempio, la sensazione che il tempo nell’infanzia sia trascorso lentamente e che abbia poi subito un’accelerazione costante nell’età adulta. La spiegazione è semplice: nei primi anni di vita si vivono molte esperienze e si acquisiscono competenze inedite. Avendo a che fare con tante cose nuove, questo periodo di tempo prende molto spazio nella memoria autobiografica e sembra acquisire una durata più lunga. Quindi sembrerebbe normale che, nel mio caso, abbia questa sensazione.