Dieci anni esatti dopo American Horror Story Asylum, Murphy torna in manicomio per raccontarci, a suo modo, le origini di uno dei cattivi più “cattivi” della storia del cinema : la terrificante infermiera di Qualcuno volò sul nido del cuculo Mildred Ratched.
E chi, se non Sarah Paulson, alter ego femminile e musa incontrastata del buon Ryan, poteva interpretarla?
Siamo negli anni 40 e Murphy attinge a piene mani dai melodrammi di quell’epoca, dai noir e da Alfred Hitchcock (io nella regia ho ravvisato anche molto De Palma, non a caso uno dei director più hitchcockiani che ci sia).
Diversamente dal manicomio della pellicola che ha ispirato questo personaggio, dove regnava il caos, qui abbiamo un manicomio quasi surreale: i colori sono sgargianti, gli ospiti pochi, i corridoi tranquilli, l’atmosfera stranamente calma , non sembra esserci disperazione.
Almeno apparentemente…
Perché il dramma c’è eccome, il dramma di un tempo in cui la definizione di pazzo ahimè coinvolgeva anche gente normalissima, e i metodi di “cura” erano quantomeno discutibili. Dietro la pace solo apparente di questo manicomio, dunque, si celano storie terrificanti e, lentamente, si disvela il carattere sadico di Mildred. Come fà Tim Burton nel cinema (concettualmente, non a livello di forma), Murphy ci mostra, ancora, tutto il suo amore per i freaks, suggerendo come infondo siano loro i veri “normali” mentre la persone per bene e ben integrate nella società sono i veri “mostri “. Pochi sanno raccontare una America malata e folle come lui.
La Paulson meritava, dopo anni di coprotagonismo in AHS, una serie tutta sua, e qui non delude, confermandosi convincente quando si tratta di ricoprire ruoli intensi e drammatici. In più è supportata da un cast fantastico composto anche da una meravigliosa Cynthia Nixon (Sex and the City) e da una sorprendente Sharon Stone.
Ambientazioni e costumi, come sempre, sono curati nei minimi dettagli. Scenografia e fotografia maniacalmente perfette, ma d’altronde Murphy è un rinomato esteta.
La trama è incalzante, un crescendo continuo, e riesce a svelarci col giusto pathos, episodio dopo episodio, come e perché la Ratched è diventata quella che è.
Ci sono, va detto, alcuni buchi nella sceneggiatura, la carne messa a fuoco è tanta, e si ha, a fine visione, la sensazione che alcune dinamiche non siano state indagate a fondo, ma nell’insieme Ratched è un prodotto pregevole e godibile.
Sicuramente non avrebbe sfigurato come stagione di #AHS.