C’è qualcosa di speciale nei film che riescono a raccontare più storie in un unico spazio, intrecciando vite e generazioni in un’unica narrazione. If These Walls Could Talk 2, sequel del film del 1996, si presenta come una testimonianza potente delle esperienze delle donne lesbiche attraverso tre decenni. Prodotto nel 2000 e diretto da tre registe diverse – Jane Anderson, Martha Coolidge e Anne Heche – il film porta sullo schermo un mosaico di emozioni, lotte e amore che risuona ancora oggi.
La trama si sviluppa attorno a un unico luogo, una casa, che diventa testimone silenziosa di cambiamenti culturali, politici e personali. Ogni segmento esplora un decennio diverso, mostrando come le esperienze delle donne lesbiche si siano evolute nel tempo e come l’amore, nonostante tutto, rimanga un elemento costante e universale.
Il primo segmento, ambientato negli anni ’60, è diretto da Jane Anderson e interpretato dalla straordinaria Vanessa Redgrave. Qui incontriamo Edith, una donna anziana che vive una relazione stabile con la sua compagna, Abby. Quando Abby muore improvvisamente, Edith si ritrova completamente esclusa dalle decisioni sulla casa che condividevano da decenni. La famiglia biologica di Abby, ignara (o volutamente cieca) del loro legame, si appropria di tutto, lasciando Edith a fare i conti con un dolore inascoltato.
Questo segmento è un ritratto straziante della solitudine e della marginalizzazione che molte coppie omosessuali hanno vissuto in un’epoca in cui il loro amore era considerato inesistente. Redgrave regala un’interpretazione delicata e potente, che fa riflettere sul valore dell’amore e sulla necessità di lottare per il riconoscimento dei diritti.
Martha Coolidge dirige il secondo segmento, portandoci negli anni ’70, un periodo di cambiamento e rivoluzione. Qui troviamo Linda (interpretata da Michelle Williams), una giovane donna che si trasferisce nella casa con un gruppo di attiviste femministe radicali. Il conflitto tra Linda e le sue coinquiline, che vedono la sua relazione con Amy (Chloë Sevigny) come una forma di conformismo borghese, diventa il fulcro della narrazione.
Questa parte esplora le tensioni interne alla comunità LGBTQ+ e femminista, mettendo in luce come il desiderio di accettazione personale possa scontrarsi con le aspettative ideologiche di un movimento più ampio. La regia di Coolidge cattura l’energia tumultuosa del periodo, ma è l’intensità emotiva tra i personaggi a rubare la scena.
Il terzo e ultimo segmento, diretto da Anne Heche, è una celebrazione della libertà e dell’amore che la comunità lesbica aveva iniziato a conquistare negli anni ’90. Sharon Stone e Ellen DeGeneres interpretano Fran e Kal, una coppia che desidera avere un figlio attraverso l’inseminazione artificiale. Il tono è più leggero rispetto ai segmenti precedenti, ma non per questo meno significativo.
La ricerca di un donatore e le discussioni che ne derivano affrontano temi di identità, famiglia e compromesso in modo autentico e divertente. Stone e DeGeneres condividono una chimica naturale che rende il loro rapporto credibile e dolcemente ironico. Questo segmento è un inno alla normalità e alla gioia dell’amore, mostrando come il tempo possa davvero cambiare le cose, anche se non abbastanza in fretta.
If These Walls Could Talk 2 non è solo un film; è una dichiarazione. Racconta storie che raramente trovano spazio nei media tradizionali, offrendo una visione sfumata e rispettosa delle esperienze lesbiche. Ogni segmento è un pezzo di un puzzle più grande, che invita lo spettatore a riflettere non solo sulle lotte del passato, ma anche su quelle del presente e del futuro.
La scelta di dividere la regia tra tre donne è stata particolarmente efficace, permettendo a ciascuna di portare la propria sensibilità e il proprio punto di vista. Il risultato è un’opera variegata ma coesa, che bilancia momenti di tristezza, gioia e riflessione con grande maestria.
Anche a più di vent’anni dalla sua uscita, If These Walls Could Talk 2 continua a essere un punto di riferimento per il cinema LGBTQ+. Ha aperto la strada a una maggiore rappresentazione sullo schermo e ha dimostrato che raccontare storie autentiche non solo è importante, ma necessario.
Questo film è una testimonianza di quanto sia cambiato il mondo – e di quanto lavoro ci sia ancora da fare. Ma soprattutto, è un promemoria del potere delle storie: possono ispirare, educare e, a volte, cambiare il mondo.
Se non l’avete ancora visto, concedetevi il tempo di immergervi in queste tre storie. E ricordate: le pareti non parlano davvero, ma se potessero farlo, avrebbero molte cose da dire.